Testo di Lucienne Rey
All’inizio i timori erano principalmente legati alle epidemie e ai pericoli che minacciavano i terreni di pesca. Intorno al 1880 le prime leggi si limitano perciò al divieto di riversare le acque inquinate nelle zone itticole. È solo quando diventa chiaro che le malattie trasmesse dall’acqua potabile sono dovute all’infiltrazione delle acque di scarico che si passa a sfruttare fonti lontane dai grandi agglomerati. Non è dunque che a partire dagli anni Cinquanta, allorché i laghi soffocano per la proliferazione di alghe indotta dall’eccessiva immissione di nutrienti e i fiumi ribollono di schiume maleodoranti, che la protezione delle acque prende finalmente piede. Nel 1971 viene prescritta per legge la depurazione delle acque di scarico e diventa obbligatorio creare zone di protezione attorno ai punti di captazione delle acque sotterranee per preservare le riserve di acqua potabile. A dare l’impulso è spesso la popolazione e in particolare i pescatori, che esercitano una pressione politica costante. L’iniziativa popolare «Acqua viva», poi ritirata, porta nel 2009 alla revisione della legge sulla protezione delle acque. L’obiettivo è fare in modo che ruscelli, fiumi e laghi si riavvicinino per quanto possibile allo stato naturale. Ultimo capitolo nella storia delle protezione delle acque in Svizzera: la strategia di lotta contro i microinquinanti, ora in corso di attuazione.
Ultima modifica 15.02.2017