Siti industriali: gli interventi di risanamento richiedono molto tempo

Alcuni siti industriali operativi per decenni, come fabbriche o lavanderie, hanno generato ingenti quantità di sostanze inquinanti. Sebbene il risanamento dei suoli sia oggi effettuato con metodi moderni, dalle prime indagini fino alla conclusione dei lavori trascorrono spesso parecchi anni. Vi presentiamo due progetti complessi.

Testo: Julien Crevoisier

Die Birs Mebenfluss des Rheins
La Birs, un idilliaco affluente del Reno, vista qui vicino a Court nel Giura bernese. Potrebbe essere minacciato dai solventi clorurati di una fabbrica di orologi di Moutier.
© Markus Bolliger | BAFU

Per sgrassare i piccoli componenti metallici, la fabbrica di orologi Raaflaub di Moutier (BE) ha utilizzato solventi clorurati fino alla chiusura avvenuta nel 1976. I solventi non più necessari sono stati semplicemente lasciati penetrare nel terreno. Oggi l’area si trova al centro dell'area insediativa; sono presenti diverse condutture della rete fognaria e l’edificio della fabbrica è utilizzato dall’Esercito della Salvezza. «Abbiamo dovuto eseguire alcuni sondaggi dalla cantina» racconta Jean-Bernard Python, capoprogetto presso la Geotest, che ha vigilato sulle indagini. «Con una sonda più corta siamo riusciti a lavorare anche in queste condizioni di spazio ridotto».

Dal 2019 il sito è stato sottoposto ad analisi accurate, eseguite con un procedimento specifico per composti organici volatili, il sondaggio MIP, acronimo di «Membrane Interface Probe». «Questa tecnica presenta diversi vantaggi» dichiara Python. «È un metodo conveniente, che ci permette di ottenere diversi tipi di dati grazie ai quali possiamo determinare con precisione l’estensione tridimensionale del carico di sostanze inquinanti». Così facendo è possibile individuare con sicurezza anche l’origine delle sostanze nocive. «Adesso sappiamo che la contaminazione risale esclusivamente al vecchio edificio della fabbrica Raaflaub».

Il prezzo della biancheria pulita

Cambio di scena: la lavanderia Caviezel è chiusa da oltre 35 anni ma, fino a poco tempo fa, l’ex sede di Bellinzona era inquinata da percloroetilene, una sostanza nociva fortemente cancerogena (v. riquadro). Per estrarre il prodotto chimico, ingegneri e geologi hanno riscaldato il sottosuolo. «Con gli elementi riscaldanti che abbiamo inserito nel sottosuolo abbiamo portato la temperatura a 90-100 gradi Celsius» spiega Antonio Greco, geologo presso CSD, l’azienda che ha svolto l’attività di vigilanza sui lavori di risanamento. «A queste temperature le sostanze inquinanti evaporano nell’aria tellurica, dopodiché devono solo essere aspirate». Infine l’aria passa attraverso filtri al carbone attivo che catturano le molecole di percloroetilene.

Nel 1991 il sito dell’ex lavanderia è stato acquistato dalle FFS e qui verrà in futuro realizzato il terzo binario continuo tra Giubiasco e Bellinzona. Al tempo stesso sorgerà la nuova fermata Piazza Indipendenza e con essa un secondo raccordo ferroviario per Bellinzona in prossimità del centro città.

«Abbiamo rimosso circa 200 chilogrammi di sostanze nocive, quasi il doppio della quantità stimata negli studi preliminari» afferma Greco. «Abbiamo dovuto far fronte a complicazioni: il percloroetilene si è accumulato in più punti, con il rischio di venire disperso, e il terreno si è compattato a causa del calore introdotto». Per evitare che il sottosuolo perda stabilità, gli esperti hanno iniettato acqua di raffreddamento.

Il risanamento è iniziato nel 2020 ed è durato due anni e mezzo. Tuttavia, «è necessario monitorare i valori dell’esposizione ancora oggi, perché non è possibile escludere il rischio che aumentino ulteriormente» aggiunge Matthias Damo, capoprogetto generale per i siti contaminati presso le FFS.

Il progetto è stato un successo per le autorità del Canton Ticino. «Siamo riusciti a tenere i costi sotto controllo, senza superare i sei milioni di franchi che erano stati preventivati» dichiara con soddisfazione Simone Regazzi, responsabile del dossier nel servizio cantonale per la pianificazione del territorio. Nonostante le FFS abbiano già anticipato i fondi, la maggior parte del conto finale sarà a carico dell’Ufficio federale dei trasporti e del Canton Ticino, che riceve dall’UFAM sussidi finanziari pari al 40 per cento della propria partecipazione.

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Ultima modifica 03.04.2024

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