Colloquio: «L’investimento sostenibile ha un enorme potenziale»

Che posto occupa la sostenibilità sulla piazza finanziaria svizzera? A colloquio con «ambiente» Sabine Döbeli dell’associazione Swiss Sustainable Finance, Martin Hess dell’Associazione svizzera dei banchieri e David Gerber della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali guardano al futuro con ottimismo. Ma gli sforzi tesi a creare condizioni quadro attrattive devono essere ulteriormente intensificati.

Intervista raccolta da Gregor Klaus

Martin Hess è economista capo e membro della direzione dell'Associazione svizzera dei banchieri, nonché membro del Chief Economist Group della Federazione bancaria europea. David Gerber è capo della sezione Politica dei mercati finanziari e capo sostituto della divisione Mercati alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali. Sabine Döbeli è direttrice dell'associazione Swiss Sustainable Finance e membro dell'Organo consultivo dell'UFAM per la ricerca ambientale; lavora da oltre vent'anni nel settore degli investimenti finanziari sostenibili.
© Flurin Bertschinger, Ex-Press/BAFU

«ambiente»: Signora Döbeli, lei è direttrice dell’associazione Swiss Sustainable Finance, creata nel 2014 con lo scopo di fare della Svizzera «una piazza finanziaria leader nel settore della finanza sostenibile». Per il momento i fondi sostenibili rappresentano tuttavia solo il 4, 5 per cento dell’intero mercato. Perché questo processo di transizione tanto auspicato stenta a decollare?

Sabine Döbeli: Attualmente vedo invece grande dinamismo nel settore della finanza sostenibile. In Svizzera vi sono molti attori innovativi, specie nella gestione patrimoniale privata. La finanza sostenibile non va tuttavia ridotta unicamente a prodotti specificatamente sostenibili: va anche integrata in una sfera finanziaria allargata, dove molte cose si stanno muovendo negli ultimi tempi. Diverse banche private hanno ad esempio già cominciato a introdurre un set base di criteri di sostenibilità in tutti i processi decisionali, anche se quest’evoluzione non si riflette direttamente nelle cifre di mercato.

L’Accordo di Parigi sul clima, uno dei cui obiettivi è orientare i flussi finanziari verso la sostenibilità, ha dato slancio ai prodotti finanziari sostenibili?

Döbeli: Assolutamente. Prima di tutto ha fissato un obiettivo vincolante, e questo è un segnale forte per gli investitori. Ha inoltre già permesso di creare o migliorare alcuni prodotti tra cui, ad esempio, degli indici di protezione climatica ottimizzati. Le prime casse pensioni hanno cominciato a disinvestire nel carbone o nelle energie fossili e l’Accordo è ormai all’ordine del giorno anche di molti consessi finanziari internazionali.

Signor Hess, l’Associazione svizzera dei banchieri rappresenta gli interessi di 355 banche e istituti di credito di fronte alle istanze pubbliche. Pur ripromettendosi di riportare in alto l’immagine della piazza finanziaria svizzera nel mondo si pronuncia però raramente sul tema della finanza sostenibile. Come valuta lei il mercato dell’investimento sostenibile?

Martin Hess: L’investimento sostenibile ha un enorme potenziale. Mai gli attivi finanziari sono cresciuti così tanto come negli ultimi anni e si tratta ora di investirli. Il problema è che mancano le possibilità di investimento. Quando sul mercato arriveranno prodotti finanziari che propongono sostenibilità e insieme un buon rapporto rischio-beneficio, il successo non si farà attendere. Se però vogliamo veramente coinvolgere il settore privato, dobbiamo smettere di pensare che investire sulla sostenibilità significhi necessariamente dover rinunciare a qualcosa.

Signor Hess, in quanto rappresentante dell’Associazione dei banchieri svizzeri, lei ha contribuito attivamente alla pubblicazione intitolata «Proposals for a Roadmap towards a Sustainable Financial System in Switzerland», elaborata in maniera partecipativa sotto la direzione dell’UFAM. Come è stato questo dialogo?

Hess: Molto positivo. Tutti i principali attori del settore – mondo finanziario, Confederazione, ambienti scientifici e organizzazioni non governative – si sono seduti sin dall’inizio attorno alla stessa tavola. Di questo dialogo ho apprezzato sia il processo in sé sia il suo grado di concretizzazione. Il prodotto finale non sono stati documenti teorici, ma raccomandazioni concrete all’indirizzo di tutti i partecipanti.

I tre quarti delle infrastrutture di cui il mondo avrà bisogno nel 2050 non sono state ancora costruite: un’enorme opportunità per impegnarsi sulla via della sostenibilità. Questa e altre osservazioni sono state oggetto di un dialogo tra UFAM ed esperti svizzeri della finanza sfociato nella pubblicazione intitolata «Proposals for a Roadmap towards a Sustainable Financial System in Switzerland». Pubblicato dall’UFAM, il rapporto propone 20 misure concernenti cinque settori chiave del settore finanziario, mirate ad orientare la piazza finanziaria svizzera verso la sostenibilità.
© SBB

Signor Gerber, la Confederazione si impegna nei consessi internazionali a favore di un sistema finanziario sostenibile – per esempio nei lavori del G20, in materia di finanza e nel quadro del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – ma non intende però emanare nuove leggi e direttive sull’argomento. Non le sembra che in questo caso lo Stato sia un po’ troppo esitante?

David Gerber: Non penso. Con l’UFAM, ci siamo occupati in tempi precoci del rapporto fra sostenibilità e politica finanziaria. Lavoriamo in stretta collaborazione con il settore, abbiamo riunito i diversi attori alla stessa tavola e instaurato con loro un dialogo. Nel febbraio 2016 il Consiglio federale ha approvato i principi base di una politica finanziaria coerente in vista, in particolare, del ruolo attivo che la Svizzera svolge nei consessi internazionali. Coerente, dicevo, perché fondata sui principi della politica economica e finanziaria svizzera, che dà priorità a soluzioni dell’economia di mercato basate sull’autodeterminazione e la responsabilità individuale. Nel suo rapporto sulla futura politica in materia di mercati finanziari il Consiglio federale attribuisce un ruolo predominante alla sostenibilità: gli investimenti sostenibili sono un elemento cardine del settore innovazione. Il nostro governo vede sia i possibili rischi sia le opportunità che potrebbero venire alla piazza finanziaria svizzera da un posizionamento ottimale nella finanza sostenibile, ma, per finire, questo posizionamento deve venire dal settore stesso. Ad essere interpellate sono anche le imprese dell’economia reale: se queste diventano più sostenibili, diventeranno più sostenibili anche gli investimenti.

Döbeli: Per parte mia, trovo che lo Stato potrebbe essere più attivo. L’Unione europea ha recentemente adottato una direttiva che obbliga le casse pensione a tener conto nei propri investimenti di fattori ecologici, sociali e di governance d’impresa: i cosiddetti criteri ESG. Dovremmo chiedere anche noi maggiore trasparenza quanto alla sostenibilità dei portafogli: sia gli investitori che gli assicurati devono conoscere l’impatto ecologico delle decisioni finanziarie prese. Le banche potrebbero ad esempio indicare nelle schede tecniche dei loro fondi la sostenibilità dei portafogli e le conseguenze ambientali di determinate scelte finanziarie. Certe banche lo fanno già. In questo modo i clienti possono tener conto più facilmente della sostenibilità delle proprie decisioni d’investimento. E se questo approccio diventasse obbligatorio, si potrebbe accelerare il processo in maniera mirata.

Per far questo abbiamo bisogno di nuove regolamentazioni?

Gerber: No, ma la trasparenza è essenziale. È un presupposto imprescindibile per poter investire in modo razionale e sostenibile. Non ritengo tuttavia che sia lo Stato a dover imporre delle direttive in materia di trasparenza. Le condizioni quadro attuali permettono già di investire tenendo conto della sostenibilità. Questa non è peraltro l’unica sfida da affrontare: occorre anche misurare il successo degli investimenti sostenibili sul piano ecologico e societario. Al momento stiamo perfezionando questi metodi a livello internazionale, in modo da migliorare la comparabilità dei risultati e giungere a una lettura comune.

Hess: Per promuovere gli investimenti sostenibili bisogna anche pianificarli. Gli investitori hanno bisogno di un certo grado di sicurezza. Se investono in un impianto eolico, non possono aspettare degli anni prima che le pratiche siano evase e il progetto approvato.

Altri Paesi, come Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi, hanno adattato le loro direttive nazionali al fine di integrare meglio i principi della sostenibilità nei propri sistemi finanziari. La piazza finanziaria perderà da questo punto di vista i propri vantaggi concorrenziali?

Hess: Contrariamente ad altre piazze finanziarie la Svizzera non promette mari e monti: annuncia qualcosa solo quando è sicura che sia assolutamente solida. Questo vale per la sostenibilità come per il resto. Quando vedo il dinamismo con cui gli investimenti sostenibili si sono sviluppati e l’impegno messo sia dalle autorità che dal settore nel quadro di Swiss Sustainable Finance, ho piena fiducia che questa sia la direzione da intraprendere e che ci si riuscirà senza bisogno di un rigido apparato regolamentativo. L’innovazione non può essere del resto decretata per legge.

Döbeli: A me piacerebbe invece che i dirigenti del settore finanziario dicessero a chiare lettere che gli investimenti sostenibili rappresentano un’opportunità enorme. Questo, sì, farebbe avanzare le cose. Il fatto è che altri Paesi sono più bravi nella comunicazione e più rapidi di noi nell’attuazione. Alcuni studi mostrano che i clienti più ricchi del mondo non vogliono più semplicemente investire il proprio denaro, ma utilizzarlo per ottenere un effetto benefico. Le banche svizzere devono quindi reagire se vogliono restare attrattive per questi clienti.

Cosa possono fare quindi gli azionisti e i membri dei consigli d’amministrazione per sfruttare il margine di manovra di cui dispongono attualmente?

Gerber: Questi attori esercitano un’influenza in quanto dirigono delle imprese. Se una società pensa in termini sostenibili, diventa interessante per degli investitori che cercano investimenti sostenibili. Così facendo, la sostenibilità diventa un fattore di riuscita non solo per il management, ma anche per l’azionariato dell’impresa stessa.

Ma i consulenti alla clientela sono davvero ben preparati a consigliare chi chiede investimenti finanziari sostenibili?

Döbeli: Formare meglio alla finanza sostenibile è d’estrema importanza, vuoi nel campo della formazione professionale, vuoi negli studi universitari o nelle offerte di formazione continua. Ancora oggi si può studiare finanza senza mai aver sentito parlare di sostenibilità o trovarsi davanti a un consulente che vi sconsiglia per principio gli investimenti sostenibili perché poco redditizi. Passo dopo passo la situazione va però migliorando.

Hess: Gli istituti finanziari devono senz’altro formare e incoraggiare i propri collaboratori a proporre attivamente prodotti sostenibili, ma c’è anche un numero crescente di clienti che rinunciano volontariamente a farsi consigliare. La tendenza verso la digitalizzazione dei servizi finanziari può dunque rappresentare un’occasione d’oro se gli aspetti della sostenibilità sono integrati in modo sistematico e resi visibili in quanto tali.

Come saremo messi in fatto di finanza sostenibile tra dieci anni?

Gerber: Per me la sostenibilità è un tema tipicamente economico: riguarda la penuria di risorse. E per questo sarà sempre d’attualità. Spero in ogni caso che tra dieci anni saremo riusciti a sviluppare uno standard internazionale, con definizioni comuni ed applicabile ovunque. È solo così che potremo trattare e presentare gli investimenti sostenibili in modo coerente e trasparente.

Döbeli: Sono convinta che tra dieci anni integrare i criteri ESG in tutte le decisioni finanziarie sarà diventata la norma.

Hess: Anch’io penso che tra dieci anni non avremo più questo genere di discussioni e che nel frattempo la sostenibilità sarà diventata parte integrante dei processi. Siamo attualmente in una fase di apprendimento, che un giorno o l’altro finirà comunque per concludersi.

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Ultima modifica 31.05.2017

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