Inquinamento da polveri fini: imparare le regole di una corretta combustione a legna

Il legno è un combustibile ecologico ideale, se lo si utilizza nel modo giusto. Modalità di accensione scorrette generano infatti grandi quantità di polveri fini. Gli spazzacamini sanno come evitare le emissioni nocive per la salute.

Testo: Mike Sommer

«Quando si tratta di accendere un fuoco, il legno per me non ha eguali»: il mastro spazzacamino Jonas Wieland.
© Flurin Bertschinger | Ex-Press | BAFU

Spesso impariamo ad accendere un fuoco sin da bambini: si appallottola un giornale, si posizionano prima i rametti più piccoli e sottili e successivamente i pezzi di legna più grossi e infine si accende il fuoco partendo dalla base. In seguito ripetiamo la stessa operazione nel caminetto o nella stufa svedese. E mentre nella stanza si diffonde un piacevole calore, un fumo grigio sale lungo la canna fumaria. Ma cosa ci sarà mai di male in un po’ di fumo, visto che il legno è una materia prima naturale e rinnovabile?

In effetti, il legno indigeno è un combustibile ecologico. «Ma solo se durante l’accensione si rispettano alcune regole», afferma Jonas Wieland, mastro spazzacamino ad Alpnach (OW) e presidente dell’Associazione svizzera dei controllori di impianti di combustione (ASCC). «Così il riscaldamento a legna non produce praticamente fumo e quindi non si verificano problemi.» Quello che succede se l’accensione non viene effettuata a regola d’arte è però ben visibile in molti luoghi durante le giornate invernali, quando in pianura si formano dei "laghi" stabili di aria fredda che trattengono i gas di scarico e le sostanze inquinanti: il fumo che fuoriesce dai camini si deposita allora come un velo sui paesi e può avvolgere nella nebbia intere vallate. Un fenomeno tutt’altro che innocuo, visto che la combustione scorretta della legna genera grandi quantità di sostanze nocive tra cui gli idrocarburi aromatici policiclici (PAH), che sono considerati cancerogeni, e le polveri fini che possono provocare tumori e altre malattie. Particolarmente pericolose sono le particelle di polveri fini con un diametro inferiore a 2,5 micrometri (il cosiddetto Particulate Matter, PM2.5) che possono penetrare nella circolazione sanguigna attraverso i polmoni.

Elevato potenziale di miglioramento

Nell’ambito di convenzioni internazionali, la Svizzera si adopera per ridurre continuamente le emissioni di polveri fini. Con un certo successo: tra il 1990 e il 2019 le emissioni annue di PM2,5 dagli impianti a legna della Svizzera sono scese da circa 5400 tonnellate a 1500 tonnellate. Il mastro spazzacamino Wieland individua però un potenziale di miglioramento proprio nella categoria degli impianti a legna per il riscaldamento di singoli ambienti: «Gli impianti di riscaldamento a caldaia più grandi sono in genere totalmente o in gran parte automatici. Se ci si attiene alle istruzioni, è difficile sbagliare. Con i caminetti o le stufe in maiolica, il discorso cambia.»

Jonas Wieland fa una dimostrazione del metodo corretto di accensione nel laboratorio della Scuola universitaria professionale di Berna (BFH) a Bienne, dove forma gli aspiranti controllori degli impianti di combustione su diversi tipi di stufe. Inizia dalla parte teorica: «In un processo di combustione ottimale si generano praticamente solo vapore acqueo e CO2. Del legno rimangono soltanto ceneri finissime.» Perché ciò avvenga, ciocchi di legna da ardere asciutta sono posizionati ben compatti nella camera di combustione. Al di sopra viene posizionato il modulo di accensione, vale a dire quattro ciocchi sottili di legno di abete disposti a croce. Al centro, Jonas Wieland sistema un pugno di trucioli di legno imbevuti di cera e li accende. In breve tempo prendono fuoco dapprima i ciocchi di legno di abete e poi la legna da ardere sottostante. Il segreto sta tutto qui: utilizzare solo ciocchi di legna asciutti, naturali e non troppo grossi, disporli correttamente, accendere il fuoco da sopra e tenere aperti il regolatore di tiraggio e la serranda del camino durante l’intero processo di accensione. Così facendo, nel giro di pochi minuti il fumo scompare, assorbito dalle grandi fiamme incandescenti. Altrimenti, se l’accensione avviene da sotto, se i ciocchi sono troppo umidi o grossi o se il fuoco non è sufficientemente caldo a causa di un apporto inadeguato d’aria, si genera una grande quantità di fumo che viene rilasciata dal camino nell’ambiente esterno.»

Bisogna essere un po’ psicologi

Quando Jonas Wieland pulisce una stufa, è in grado di capire dai depositi di fuliggine e dai resti di cenere se l’accensione è stata effettuata in modo scorretto o persino se sono stati bruciati dei rifiuti: «A quel punto cerco di stabilire un dialogo con il cliente: quale combustibile utilizza, come effettua l’accensione, come regola l’apporto d’aria? Non voglio fare il poliziotto, solo spiegare i vantaggi di un’accensione corretta.» Per questo bisogna essere un po’ psicologi: «Non posso semplicemente dire a una persona che da anni accende il fuoco sempre allo stesso modo che sta sbagliando tutto.» Chi si cimenta da poco con il riscaldamento a legna è più propenso ad accettare consigli. Per convincere i presunti professionisti ci vuole invece un po’ di tatto: «In genere, alla fine ci si riesce sottolineando che tutto quello che fuoriesce dal camino si deposita di nuovo attorno a casa. Chi non osserva i comportamenti corretti avvelena l’ambiente circostante e l’aria che respira.»

Da quando la Confederazione, nel 2018, ha introdotto valori limite per le emissioni di polveri fini e di monossido di carbonio anche per gli impianti a legna con potenza nominale fino a 70 kilowatt, un’accensione scorretta non è più una trasgressione perdonabile. Se è vero che per i piccoli impianti a legna non occorre eseguire misurazioni periodiche dei gas di scarico, resta pur sempre il fatto che in caso di esercizio regolare l’ordinanza contro l’inquinamento atmosferico (OIAt) prevede controlli a campione periodici e alcuni Cantoni richiedono anche un controllo delle ceneri. È qui che entrano in gioco gli spazzacamini, che in molti luoghi operano anche come controllori degli impianti di combustione. La loro competenza in materia di consulenza è determinante per ridurre anche in futuro le emissioni di polveri fini dalle abitazioni private svizzere. Per questo motivo, in cooperazione con le associazioni di categoria interessate, l’UFAM ha lanciato la campagna «Point of Fire» che fornisce ai professionisti numerosi suggerimenti su come indirizzare efficacemente la propria clientela verso metodi di accensione corretti.

Meno sostanze nocive grazie alla tecnica

Una combustione corretta del legno non è possibile nei camini aperti. Meglio usare camini chiusi («stufe svedesi») con una buona regolazione dell’apporto d’aria e stufe in maiolica che accumulano il calore. Nei riscaldamenti a legna centralizzati (impianti di riscaldamento a caldaia) sono solitamente presenti accumulatori di calore ad acqua esterni che assorbono il calore in eccesso e lo rilasciano all’occorrenza. Ciò riduce la frequenza di accensione e di spegnimento dell’impianto a combustione – a tutto vantaggio dell’ambiente, in quanto è proprio in queste fasi che si generano le maggiori emissioni di sostanze inquinanti. Le caldaie di nuova generazione funzionano inoltre secondo il principio della combustione graduale: con l’apporto di poca aria viene dapprima indotto il rilascio dei gas; questi sono successivamente mescolati con aria fresca e, a temperature attorno ai 1100 gradi Celsius, bruciano pressoché completamente. La gassificazione del legno può essere ulteriormente ottimizzata bruciando i gas del legno sul posto, separatamente, in un’apposita camera di combustione.

I primi impianti di riscaldamento a legna con questa tecnologia sono già disponibili. La Scuola universitaria professionale della Svizzera del nord-ovest (FHNW) ha sviluppato negli ultimi anni un bruciatore a gassificazione di questo tipo, con il quale si possono convertire le caldaie esistenti a gasolio o a gas. Il bruciatore si contraddistingue per l’elevato rendimento e per le emissioni minime di monossido di carbonio e di polveri fini. Da questa innovazione non è però ancora derivato alcun prodotto pronto per la commercializzazione.

«Il legno non ha eguali»

Un’altra opzione per ridurre le emissioni è rappresentata dai filtri per le polveri fini. Negli impianti a legna danno buoni risultati i separatori di polveri fini, in cui le particelle sono caricate elettrostaticamente e si depositano quindi sulla parete del camino. I filtri trattengono in media circa il 70 per cento delle polveri contenute nell’aria di scarico, come ha dimostrato un progetto di misurazione condotto dall’UFAM e dalla FHNW a Saas-Fee (VS). Qui, dal 2009, più di 70 dei circa 260 impianti a legna sono stati dotati di filtri per le polveri fini con il sostegno finanziario del Comune. L’analisi dei valori misurati ha confermato l’efficacia dei filtri, fornendo anche informazioni preziose sulla loro idoneità pratica. È così emerso che per un esercizio efficiente nel lungo periodo è importante sottoporre l’impianto a manutenzione regolare, pulire periodicamente il camino dai depositi di polveri e rispettare sempre le regole per un’accensione corretta.

Nel frattempo Jonas Wieland ha concluso la sua dimostrazione. Nella camera di combustione della stufa è rimasta solo un po’ di cenere bianca – a riprova del fatto che in un fuoco incandescente il legno è bruciato completamente sviluppando solo poco fumo. «È una bella sensazione fare le cose nel modo giusto e avere la situazione sotto controllo», afferma l’esperto mastro spazzacamino. «Quando si tratta di accendere un fuoco, il legno per me non ha eguali.»

Come la Svizzera misura le emissioni degli impianti a legna

Le emissioni degli impianti a legna svizzeri provengono dalle categorie più disparate di impianti: caminetti aperti, stufe, riscaldamenti centralizzati, fino ai grandi impianti industriali. Ma in che modo si possono rilevare le quantità delle singole sostanze nocive? Secondo la statistica svizzera dell’energia del legno, nel 2019 si contavano circa 550 000 impianti a legna. La grande maggioranza (circa 500 000) sono impianti di riscaldamento per singoli ambienti per i quali non viene effettuata alcuna misurazione degli inquinanti.La statistica dell’energia del legno rilevata dal 1990 fornisce le basi di dati per il calcolo delle emissioni di sostanze nocive e consente di attribuire i giusti quantitativi di legno alle singole categorie di impianti. A tal fine attinge a molteplici fonti, per esempio statistiche sulle vendite, informazioni delle associazioni professionali o rilevamenti di organi amministrativi. Sulla base di tali dati, l’UFAM calcola le emissioni di inquinanti per mezzo di un modello del fattore di emissione. Il modello viene aggiornato e affinato periodicamente, tenendo conto in particolare delle misurazioni su diversi impianti, delle misurazioni in laboratorio e dei dati ottenuti dalla letteratura scientifica. L’incertezza dei dati è elevata soprattutto per quanto riguarda i piccoli impianti di riscaldamento per singoli ambienti, in quanto le emissioni effettive di inquinanti dipendono da una molteplicità di fattori tra cui il tenore di umidità del legno utilizzato, il metodo di accensione o la modalità di funzionamento dell’impianto (intervalli di esercizio ecc.). In questi casi il modello deve basarsi su ipotesi.

I dati stimati degli impianti a legna confluiscono infine nell’inventario delle emissioni della Svizzera (EMIS), sulla cui base la Svizzera riferisce annualmente alla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) in merito alle proprie emissioni. La rendicontazione avviene nell’ambito della Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza (CLRTAP), che persegue l’obiettivo di ridurre continuamente le sostanze inquinanti nei 51 Stati sottoscrittori.

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Ultima modifica 24.02.2021

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