La natura come soggetto giuridico: natura – legge

Con l’avvento dell’industrializzazione, l’uomo ha preso coscienza della vulnerabilità della natura. In precedenza, la madre Terra era considerata una dispensatrice talvolta lunatica e distruttiva, ma in ogni caso onnipotente, di nutrimento e altri beni vitali. Il cambiamento di approccio si riflette nella legislazione.

Testo: Lucienne Rey

Nel Vecchio Testamento Dio si serve del diluvio universale, di tempeste di grandine o di altri fenomeni naturali per punire il comportamento sbagliato delle sue creature. La natura funge dunque in tal caso da strumento per comminare una pena decisa da un tribunale divino. Tuttavia, nella tradizione essa compare molto raramente quale soggetto giuridico. Ciò avviene nel caso descritto dallo storico greco Erodoto (circa 490 – 420 a.C.): dopo che il mare in tempesta aveva distrutto il ponte tramite il quale i Persiani volevano attraversare lo stretto dei Dardanelli, nell’antichità chiamato «Ellesponto», durante la loro campagna militare contro la Grecia (circa 480 a.C.), il re persiano Serse aveva ordinato di infliggere allo stesso trecento frustate e di gettare in mare due ceppi. Il sovrano intendeva in tal modo punire le acque ribelli.

La punizione del mare può sembrarci sconcertante. Tuttavia, in altre culture, oggetti naturali importanti possono talvolta essere dichiarati persone giuridiche, non per punirli però, ma per proteggerli. «In Nuova Zelanda, ad esempio, a importanti fiumi sacri agli indigeni è stata attribuita personalità giuridica», spiega Florian Wild, capo della Divisione Giuridica dell’UFAM. Poiché un fiume non può esprimersi, gli indigeni introducono le richieste dei valori naturalistici nella procedura giuridica, prosegue l’esperto legale. Un approccio che viene discusso anche in Svizzera: ad esempio, una consigliera nazionale ha chiesto in un postulato di esaminare la possibilità di dotare i ghiacciai di personalità giuridica.

La natura in tribunale

In Europa, invece, per molto tempo, la natura, quando presente, veniva citata in giudizio in qualità di malfattrice. Il Medioevo ci ha tramandato resoconti di procedimenti giudiziari contro animali da reddito, ma anche contro roditori e insetti. Nella sua Berner Chronik (Cronaca di Berna), Valerius Anshelm (1475 – 1547) menziona, per l’anno 1479, un bizzarro caso legale di superstizione, in cui si trattava di deferire ripugnanti e rapaci vermi, coleotteri e larve dinanzi a un tribunale ordinario di Losanna, dove sono poi stati giudicati colpevoli - forse per l’incapacità del loro difensore, come ammette il cronista - e condannati al bando. Secondo recenti studi di storia del diritto, tuttavia, in molti di questi scritti non è chiaro se ci si riferisca a processi effettivamente avvenuti o se si tratti di racconti satirici.

Pensato dall’uomo

Pur con tutte le loro differenze, i summenzionati casi hanno una cosa in comune: la natura – che si tratti di una tempesta o di un nugolo di maggiolini – è considerata, valutata e condannata dal punto di vista della morale umana. Questo approccio resta tale anche con l’avvento dell’Illuminismo. Nella sua «Metafisica dei costumi», Immanuel Kant (1724 – 1804) protesta contro il trattamento tirannico e crudele a cui sono sottoposti gli animali, ma non per il loro bene, bensì poiché tale trattamento riduce la compassione dell’uomo verso le loro sofferenze, indebolendo e spegnendo a poco a poco una predisposizione naturale di grande utilità alla moralità nei rapporti con le altre persone. In altre parole: chi si comporta senza compassione nei confronti degli animali, prima o poi sarà crudele anche nei confronti dei suoi simili.

L’emanazione delle prime leggi svizzere, volte a disciplinare la caccia e la pesca o l’utilizzo della foresta e delle acque, è stata in ogni caso fortemente motivata da interessi economici e sociali. Nel suo messaggio del 26 maggio 1875 concernente il disegno di legge federale sulla caccia e la protezione degli uccelli utili, il Consiglio federale ha sottolineato l’importanza economica della protezione degli animali e dell’esercizio razionale della caccia e della pesca. In effetti, le prime leggi per la protezione della natura erano antropocentriche, conferma Florian Wild, ponevano quindi l’uomo al centro. Egli ne evidenzia inoltre i limiti tematici e territoriali: «La prima legge sulla polizia delle foreste del 1876 si riferiva unicamente al bosco in alta montagna. Con la seconda legge del 1902, la Confederazione estendeva la sua regolamentazione a tutta la Svizzera, senza fornire una definizione giuridica di bosco e ponendo l’accento sulla promozione del bosco di protezione. Infine, la legge forestale del 1991, sotto forma di legge quadro, disciplina la conservazione del bosco in accordo con le altre leggi sull’ambiente. Le norme sulla conservazione del bosco sono state quindi progressivamente estese a causa delle sfide poste dalla situazione ambientale e della crescente consapevolezza dei problemi».

Il percorso è stato simile anche per le leggi federali in materia di protezione delle specie, delle acque, nonché della natura e del paesaggio, e le norme che le hanno precedute. «Per una legislazione ambientale efficace è decisivo che a livello nazionale e internazionale possano essere emanate le norme e gli strumenti di protezione complementari, necessari per combattere il riscaldamento climatico e per la conservazione della biodiversità e delle risorse naturali», spiega il giurista dell’UFAM guardando al futuro.

Proteggere la bellezza

A impegnarsi fortemente per una protezione più ampia del paesaggio e della natura all’inizio del XX secolo sono stati gli artisti e le persone interessate alla storia. Non per niente l’associazione che poco dopo sarebbe divenuta la Lega svizzera per la salvaguardia del patrimonio nazionale, fondata nel 1905, in un primo tempo si chiamava «Ligue pour la beauté», ovvero lega della bellezza. Per Anders Gautschi, direttore dell’Associazione traffico e ambiente (ata), è comprensibile che non sia stata la scienza la prima a impegnarsi per la protezione della natura e dell’ambiente. «L’abbattimento degli alberi o la costruzione di nuovi insediamenti era immediatamente visibile, e le persone vi si sono imbattute. I danni all’ambiente causati da prodotti chimici o da una concimazione eccessiva, invece, non sono sempre evidenti o hanno un nesso indiretto e sono rimasti celati per molto tempo anche alla scienza».

Solo mezzo secolo dopo, nel 1962, è stato inserito un nuovo articolo 24sexies nella vecchia Costituzione federale, che dava la facoltà alla Confederazione, tra l’altro, di «legiferare sulla protezione della fauna e della flora». Tale articolo ha funto da base per la legge sulla protezione della natura e del paesaggio (LPN), emanata quattro anni dopo. Questa legge obbligava la Confederazione a proteggere la fauna e la flora indigene, nonché il loro spazio vitale, e a sostenere gli sforzi delle associazioni per la protezione della natura e dello spazio vitale. È stato dunque accordato il diritto di ricorso alle associazioni per la protezione della natura e del paesaggio attive a livello nazionale e che perseguono valori ideali, ossia non economici.

Difensori della natura

Anders Gautschi traccia un bilancio positivo del diritto di ricorso: «In passato è stato possibile evitare molti interventi problematici per l’ambiente». Di conseguenza, oggi i progetti sono pianificati con maggiore accuratezza sin dal principio e le relative organizzazioni di protezione dell’ambiente e del paesaggio sono coinvolte tempestivamente. È sempre più diffusa una visione ampia degli interventi nella natura e nel paesaggio: «Se in una zona incontaminata viene realizzato un impianto, il problema non è necessariamente costituito dall’intervento edilizio in sé; le conseguenze di tale intervento come il traffico e il rumore possono essere ancora più pesanti», afferma l’esperto, che fa riferimento al crescente sfruttamento degli spazi liberi naturali.

Rispetto al passato, la prospettiva sui progetti edilizi è diventata più globale, continua Anders Gautschi. La stretta collaborazione tra le diverse associazioni si rivela quindi vantaggiosa: «Alcune sono specializzate nelle ripercussioni sulla natura, altre nella cultura edilizia storica e altre ancora nei trasporti. Di conseguenza, anche gli argomenti addotti hanno carattere trasversale». Il fatto che molti ricorsi siano legittimi e non siano affatto di natura politica è dimostrato dal loro elevato tasso di accoglimento. «Questi precedenti sottolineano la legittimità delle nostre richieste e facilitano in misura crescente soluzioni consensuali», afferma entusiasta Anders Gautschi.

Attenzione verso i non umani

L’intervento sempre più invasivo della scienza su tutti gli esseri viventi ha infine portato, circa vent’anni fa, ad aggiungere un’ulteriore dimensione filosofica agli argomenti a favore della protezione della natura: «La legge federale sull’ingegneria genetica nel settore non umano esige espressamente il rispetto della dignità della creatura per quanto attiene ad animali e piante», spiega Florian Wild dell’UFAM. Anche nell’ambito della protezione del paesaggio capita che i tribunali motivino scientificamente le loro sentenze adducendo argomenti di etica ambientale, come avvenuto ad esempio nella controversia sull’illuminazione notturna del massiccio del Pilatus presso Lucerna.

Questo non si avvicina forse al conferimento di una personalità giuridica a importanti monumenti naturali, come i ghiacciai? Nel suo parere del 14 febbraio 2018 il Consiglio federale ha fatto notare che «sarebbe contrario all’interpretazione del diritto» conferire personalità giuridica a ghiacciai o a «cose» analoghe. Inoltre, i ghiacciai sono protetti da relative disposizioni legali in materia di protezione del paesaggio e in parte mediante zone protette. Laddove tale protezione non è rispettata, il diritto di ricorso delle associazioni e dell’UFAM forniscono gli strumenti necessari per prevenire danni alla natura.

Diritto – morale – etica

Da quando nell’ambito della protezione dell’ambiente non si adducono più in primis argomenti di natura scientifica, ma anche argomenti filosofici, l’UFAM gestisce un «Comité d’éthique». Ma qual è il rapporto tra diritto, morale ed etica? «I diritti, in quanto norme comportamentali, sono rivolti all’azione umana e possono essere imposti avvalendosi di mezzi statali», spiega Florian Wild. La morale, invece, riflette le aspettative della società nei confronti del comportamento, che non possono tuttavia essere imposte dallo Stato. Secondo il giurista, quando un comportamento è altamente condiviso a livello sociale può imporsi anche senza un fondamento giuridico. Oggigiorno, tuttavia, la molteplicità delle idee morali presenti nella società rappresenta un ostacolo; non da ultimo per questo motivo occorrono sempre più normative. Infine, in quanto scienza, l’etica indaga, tra le altre cose, i motivi alla base delle regole morali e definisce i criteri per stabilire quali siano le azioni buone e quali quelle cattive. La prossima edizione di «l’ambiente» sarà dedicata all’etica e alla morale.

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Ultima modifica 01.09.2021

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