16.03.2017 - La politica svizzera di depurazione delle acque di scarico è una storia di successo: fino ad appena 60 anni fa non c’era fiume o lago in Svizzera in cui si potesse fare il bagno senza preoccupazioni. Se adesso le cose stanno diversamente è grazie alla costruzione dell’attuale rete di canalizzazioni, agli impianti di depurazione e alle altre infrastrutture di smaltimento delle acque di scarico cofinanziate dalla Confederazione. Ammontano in totale a 5,3 miliardi di franchi le sovvenzioni versate finora ai Comuni. E gli ultimi 10 milioni saranno erogati nel 2017. Un dossier in occasione della giornata mondiale dell'acqua del 22 marzo.
Fin verso la metà del secolo scorso le acque svizzere erano ancora fortemente inquinate da acque di scarico urbane e industriali: ruscelli ribollenti di schiume maleodoranti, morie di pesci, rifiuti nei fiumi e nei laghi erano all’ordine del giorno. In alcuni casi la qualità dell’acqua era così cattiva che la balneazione doveva essere vietata per motivi sanitari. Ai tempi le nostre acque di scarico erano in gran parte sversate nei corsi d’acqua senza trattamento.
Dalla popolazione cominciarono a levarsi le richieste d’intervento, ma fu solo dopo il lancio dell’iniziativa popolare «Protezione delle acque contro l’inquinamento» che la politica cominciò a prendere sul serio il problema e a realizzare quanto fosse urgente costruire una rete di canalizzazioni e di impianti di depurazione delle acque di scarico (IDA). Se da allora la qualità dell’acqua, e con essa la protezione degli organismi acquatici e della popolazione, è notevolmente migliorata è dunque grazie all’opera di varie generazioni compiuta in questi ultimi 60 anni.
I brutti ricordi del passato
Fino a una sessantina di anni fa era impossibile nuotare spensieratamente nei ruscelli, fiumi e laghi svizzeri come facciamo oggi. Un sistema di depurazione delle acque come quello che conosciamo ai nostri giorni non era all’epoca moneta corrente. Le acque di scarico urbane e industriali venivano sversate nei corsi d’acqua senza trattamento e i fiumi, sempre più inquinati, erano ricoperti di schiume maleodoranti. Gli elevati apporti di nutrienti, soprattutto azoto e fosforo, provenienti dai detersivi o dall’industria tessile favorivano inoltre la proliferazione di alghe che, formando delle sorte di tappeti galleggianti, causavano un duplice problema: da una parte ostacolavano la navigazione, tanto che per eliminarle si doveva spesso far ricorso a cosiddetti “battelli mangia-alghe”, e dall’altra privavano d’ossigeno i fondali dei laghi, provocando massicce morie di pesci. La cattiva qualità dell’acqua rappresentava anche un rischio per la salute: vennero così affissi lungo le rive divieti di balneazione e pannelli di avvertimento che mettevano in guardia contro i possibili pericoli.
Per combattere questo stato di cose furono adottate le prime misure di riduzione degli inquinanti e delle loro immissioni e fu dato avvio alla costruzione intensiva di canalizzazioni e impianti per la depurazione delle acque di scarico (IDA) di economie domestiche ed imprese artigianali e industriali, da cui venivano efficacemente estratti – e quindi eliminati dal circolo idrico – nutrienti (carbonio, fosforo e azoto) ed altri inquinanti biodegradabili. È il 1986 quando il Consiglio federale impone infine il divieto dei fosfati nei detersivi.
Un’opera di varie generazioni
Fino al 1965 i cittadini svizzeri allacciati a una centrale di depurazione delle acque erano il 14 per cento. Nel 2005 erano diventati il 97 per cento, il che – considerato che il 2 per cento della popolazione è rappresentato da persone che vivono in zone discoste o poco densamente abitate in cui non serve allacciamento – portava già allora il potenziale di sviluppo ancora non sfruttato all’1 per cento. Nel frattempo alla nostra rete di canalizzazioni, lunga ormai oltre 130 000 km, sono collegati 800 impianti di depurazione. E al potenziamento dell’intera opera, costata 50 miliardi di franchi svizzeri, ha contribuito la Confederazione con sovvenzioni per un totale di 5,3 miliardi di franchi.
Da allora l’infrastruttura esistente ha dovuto essere mantenuta e sviluppata per far fronte a nuove sfide. In base alla legge federale sulla protezione delle acque i Comuni e i consorzi di depurazione prelevano per questo una tassa d’uso ispirata al principio del «chi inquina paga». Questa tassa varia molto da Comune a Comune a seconda del sistema di trattamento. Per una famiglia svizzera di quattro persone i costi della depurazione vanno dai 20 ai 70 franchi al mese: meno di quanto costi in media il canone di collegamento mensile a televisione e telefono (ca. 60 CHF).
Il lavoro continua
Dagli anni Settanta lo stato delle acque svizzere ha conosciuto uno sviluppo positivo. La costruzione dell’infrastruttura di trattamento insieme al divieto o alla riduzione delle sostanze problematiche hanno contribuito, a partire dagli anni Sessanta, a migliorare notevolmente la qualità dell’acqua. Oggi che le acque di scarico non trattate finiscono solo in minima parte nei corsi d’acqua, la balneabilità di quasi tutti i fiumi e i laghi svizzeri è tornata ad essere molto buona. L’evacuazione delle acque nere urbane e il loro trattamento nei nostri IDA danno inoltre un contributo cruciale quanto costante all’igiene degli abitati e alla protezione delle acque (cfr. anche articolo su SSIGA (PDF, 215 kB, 16.03.2017) e VSA (PDF, 1 MB, 16.03.2017)).
Sempre più esempi mostrano, anche al giorno d’oggi, quanto sia importante separare accuratamente l’acqua potabile dalle acque di scarico. Quando questa separazione non è garantita, l’acqua che beviamo può essere contaminata da microrganismi che causano malattie e infezioni. (siehe Beispiele von Verunreinigungen/ Box). È necessario intervenire anche sul fronte del trattamento: la sfida attuale è costituita dai microinquinanti, ovvero da residui di farmaci, prodotti fitosanitari, sostanze chimiche e ormoni che, non potendo essere eliminati dagli IDA, finiscono nei corsi d’acqua, con ripercussioni negative sull’ambiente. Sebbene la qualità dell’acqua sia fortemente migliorata in questi anni, molto resta ancora da fare. Ad esempio in agricoltura: a causa dei fitofarmaci usati per le colture, i piccoli e medi corsi d’acqua della Svizzera presentano deficit biologici che vanno sanati. Impianti di depurazione moderni e ben equipaggiati e un corretto impiego di questi prodotti saranno dunque indispensabili anche in futuro per garantire acqua pulita e di buona qualità ai nostri fiumi e laghi.
Ultima modifica 16.03.2017