A Köniz si prepara il bosco alle sfide del futuro

Siccità, periodi di canicola e tempeste: il cambiamento climatico mette a dura prova il bosco svizzero. Affinché continui a svolgere tutte le sue funzioni anche in futuro, è necessario adottare subito delle misure, come la sua rinnovazione mirata. Ne è un esempio il Komturenwald, un bosco nel Comune di Köniz, che visitiamo con il forestale responsabile.

Testo: Lisa Stalder

Förster Moreno Müller
Il forestale Moreno Müller constata con soddisfazione che in questo luogo la vegetazione si rinnova. Qui crescono ciliegi selvatici, roveri e querce rosse.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

Moreno Müller scosta alcuni ramoscelli e cammina con passo deciso sui molti rami che ricoprono il suolo del bosco. Si dirige verso uno dei tanti bastoni rossi che in precedenza ha conficcato in vari punti nel terreno. «Qui», dice indicando un piccolo germoglio che fa capolino tra il fogliame marrone, «c’è un ciliegio selvatico». Non è l’unico: nel raggio di due metri si trovano anche germogli di quercia rossa e rovere, sorbo, agrifoglio come pure di giovani faggi e abeti bianchi. «In quest’area è già in corso una rinnovazione naturale diversificata», afferma Müller.

Moreno Müller è forestale presso l’Azienda Foreste demaniali del Cantone di Berna e in questa fresca mattina di fine maggio ci guida attraverso il Komturenwald, un bosco vicino a Niederwangen, nel Comune di Köniz. Il Komturenwald appartiene al Cantone di Berna e fa parte del bosco del Könizberg, una popolare zona ricreativa. La prima area boschiva che ci mostra si trova a circa dieci minuti a piedi dalla strada principale e a prima vista sembra un po’ caotica, quasi come se di recente una violenta tempesta avesse risparmiato solo alcuni alberi, che ora svettano solitari nel cielo. Lo scenario tuttavia è intenzionale: dall’area boschiva di 2,5 ettari sono stati rimossi circa 2000 m3 di legname, prevalentemente faggio e abete rosso. L’intervento è stato pianificato con un obiettivo a lungo termine: rinnovare il bosco affinché possa adattarsi al cambiamento climatico.

Moreno Müller, Karte
Moreno Müller guarda sulla cartina quali alberi devono essere abbattuti nel Komturenwald nei pressi di Köniz.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

La vegetazione cambierà

È palese che il cambiamento climatico mette a dura prova il bosco svizzero. Negli ultimi anni siccità, periodi di canicola, tempeste e gelate tardive hanno indebolito gli alberi, rendendoli più suscettibili a malattie e parassiti. In altri casi gli alberi seccano e muoiono, come è successo nel 2019 nell’Ajoie (JU), dove sono morti centinaia di ettari di faggete. Se il bosco soffre troppo, non riesce più a svolgere le sue funzioni. I calcoli dell’UFAM e dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL mostrano inoltre che il riscaldamento globale sposterà le fasce vegetazionali verso l’alto di 500-700 metri. Le condizioni all’interno del bosco subiranno quindi grandi cambiamenti.

«La situazione è difficile, ma non disperata», afferma Michael Husistein, caposezione Politica forestale e conservazione del bosco dell’UFAM, che accompagna Moreno Müller durante la passeggiata. «Abbiamo opportunità e strumenti per contrastare le minacce poste dal cambiamento climatico al bosco». L’obiettivo è garantire che la foresta possa continuare a svolgere le sue funzioni ecologiche. Oltre alla produzione di legno e di energia, Husistein cita la protezione contro i pericoli naturali, il contributo alla biodiversità e il valore ricreativo per la popolazione. Solo di recente l’UFAM, in collaborazione con i Cantoni e con il coinvolgimento dell’Associazione svizzera dei proprietari di bosco, ha redatto un rapporto sull’adattamento del bosco ai cambiamenti climatici («Anpassung des Waldes an den Klimawandel»). Il rapporto è stato adottato dal Consiglio federale nel dicembre 2022 e definisce 19 misure a breve, medio e lungo termine per garantire in futuro tanto l’effetto protettivo del bosco quanto l’utilizzo delle risorse forestali e del legname. La prima misura consiste proprio nella «rinnovazione sostenibile del bosco».

Förster Moreno Müller mit Fachleuten vom BAFU
In questa parte di foresta le chiome sono ancora fitte. Gli esperti dell'UFAM valutano, insieme al forestale Moreno Müller, la zona in cui si svolgono i lavori.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

Meno rischi grazie a una buona combinazione di specie arboree

Ciò che sembra semplice sulla carta è estremamente complesso nella pratica. La prima cosa da fare è determinare quale area boschiva trarrebbe beneficio dalla rinnovazione. Grazie ai dati satellitari, l’Azienda Foreste demaniali del Cantone di Berna conosce la composizione per età dei boschi e può determinare se una rinnovazione si impone o se si può aspettare. Nel caso del Komturenwald, i rilevamenti hanno evidenziato un eccesso di legno vecchio e quindi la necessità di adottare rapidamente misure, afferma Müller. Abbattendo gli alberi vecchi, soprattutto faggi e abeti rossi, i giovani alberi hanno beneficiato di luce e spazio sufficienti per crescere. «Questo consente un migliore sviluppo anche delle specie arboree ancora poco presenti nel bosco». Uno degli obiettivi è proprio di promuovere una buona combinazione di specie arboree nella foresta. È un po’ come per un portafoglio investimenti in banca, dice Müller: chi diversifica riduce il rischio e può affrontare meglio una singola perdita, nel caso del bosco ad es. un’infestazione di parassiti su una specie arborea. Al contempo, una buona combinazione di specie arboree contribuisce alla biodiversità.

C’è un motivo se i forestali adottano un approccio così radicale e tagliano un’intera area boschiva: è possibile raccogliere solo singoli alberi vecchi, dice Müller, ma ciò andrebbe a vantaggio soprattutto delle specie arboree da ombra e mezz’ombra che prosperano anche in condizioni di scarsa illuminazione, come il faggio e il tiglio. Nell’ottica del cambiamento climatico, tuttavia, ha più senso promuovere specie arboree eliofile che tollerano meglio calore e siccità. Per creare le condizioni necessarie a questi alberi, l’intervento deve essere radicale. Se le specie arboree desiderate non si affermano, si può scegliere la rinnovazione artificiale, ossia la piantumazione di nuovi alberi, una misura elencata anche nel summenzionato rapporto sull’adattamento del bosco ai cambiamenti climatici. In tal caso bisogna puntare anzitutto su specie arboree autoctone e adatte al clima futuro, le quali, a seconda del luogo, possono essere querce, larici o aceri. Secondo Müller, tuttavia, nella maggior parte dei casi non è necessario ricorrere alla piantumazione. «Finora la rinnovazione naturale ha dato buoni risultati».

Moreno Müller
Moreno Müller osserva la chioma di un vecchio faggio. Potrebbe dover essere abbattuto, perché gli alberi giovani possono svilupparsi solo se arriva sufficiente luce sul suolo boschivo.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

Gli alberi suscitano emozioni

Ritornando verso il sentiero, Marcel Müller incontra una signora a passeggio con il suo cane. I due si salutano e scambiano due parole. «Quando lavoro nel bosco, vengo spesso avvicinato», racconta Müller, che sovente deve spiegare il suo lavoro e a volte addirittura giustificarlo. Sebbene i progetti di rinnovazione come quello nel Komturenwald servano a proteggere il bosco e il clima, suscitano ogni volta dissenso tra la popolazione. «Molti hanno la sensazione che stiamo tagliando gli alberi a casaccio, distruggendo la natura».

«Gli alberi sono un argomento emotivo», afferma Mirjam Richter, responsabile della comunicazione presso l’Azienda Foreste demaniali di Berna. Soprattutto nelle aree urbane, dove di solito il bosco è utilizzato per le attività ricreative, le emozioni sono immancabilmente più forti. Molte persone hanno un’idea ben precisa di come dovrebbe essere una foresta e «un’area disboscata non rientra in tale immagine». Ecco perché è importante promuovere una comunicazione attiva e spiegare le misure attuate. A tal fine, l’Azienda Foreste demaniali organizza regolarmente eventi informativi in loco. «Quando le persone capiscono il motivo di simili interventi radicali, di solito approvano anche le misure», afferma Richter.

Förster Moreno Müller markiert einen Baum
Gli alberi da abbattere sono contrassegnati in giallo.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

Il legno svizzero per la protezione del clima

Nel bosco, Moreno Müller giunge a un mucchio di tronchi d’albero: «Questi sono abeti rossi, più avanti ci sono i faggi.» Un numero blu sul legno identifica l’acquirente. Questi tronchi saranno presto spediti a una segheria nell’Oberland bernese, dove saranno trasformati in tavole. Il forestale può solo ipotizzare cosa diventeranno: «Un mobile? Un pavimento? Forse uno chalet».

Mirjam Richter sottolinea che l’Azienda Foreste demaniali vuole continuare ad assumersi la propria responsabilità per la produzione di legname svizzero anche in futuro, contribuendo ulteriormente alla protezione del clima: «il legno che produciamo e lavoriamo in Svizzera richiede trasporti brevi e ci permette al contempo di importare meno legname dall’estero». Inoltre il legno ha un bilancio climatico migliore rispetto ad altri materiali da costruzione.

In futuro più specie arboree e più differenziate

La rinnovazione del Komturenwald è lungi dall’essere completata. Il prossimo inverno si procederà al disboscamento di un’area adiacente, che però è difficilmente accessibile; la sterpaglia di rovi costringe Moreno Müller a continue deviazioni. Attualmente i suoi compiti comprendono la marcatura degli alberi con la vernice spray. Una striscia gialla significa «abbattere», mentre un triangolo blu pieno indica un albero che funge da habitat per altri organismi e va lasciato in piedi fino alla sua naturale decomposizione.

Anche querce rosse, roveri, larici, abeti di Douglas e aceri ricci, su cui il forestale spruzza cerchi blu, non vengono abbattuti: «Sono considerate specie arboree del futuro e dovrebbero potersi diffondere». Müller può già predire come sarà il bosco tra 50 anni? «Simile a quello di oggi, solo più differenziato e ricco di specie». L’abete rosso, tuttavia, diventerà raro, poiché incapace di sopportare un clima caldo e arido. «Immagino che dovremo dirgli addio». Ma il forestale è fiducioso che la foresta continuerà a svolgere le sue funzioni e «resterà indispensabile per l’uomo anche in futuro».

Gefällte Baumstämme auf dem Weg in die Sägerei
Tronchi abbattuti in viaggio verso la segheria. Forse diventeranno un mobile o parte di un edificio.
© Caroline Krajcir/Lunax/BAFU

Un manuale ampliato per contrastare i danni ai boschi

Nel gennaio 2018, la tempesta «Burglind» ha attraversato la Svizzera con venti fino a 250 chilometri all’ora, causando ingenti danni ai boschi. «Burglind» ha abbattuto circa 1,3 milioni di m3 di legno: nei 30 anni precedenti solo «Lothar» e «Vivian» avevano causato danni maggiori. A ciò si aggiunge la crescente siccità, che indebolisce ulteriormente gli alberi e li rende più suscettibili a malattie e parassiti; si parla in questo caso del cosiddetto effetto combinato. Questi eventi ci sono sempre stati, ma negli ultimi decenni sono aumentati costantemente e la tendenza non si arresta: i modelli di calcolo prevedono che con i cambiamenti climatici in corso gli eventi estremi diventeranno vieppiù frequenti e intensi. Già nel 1984 la Confederazione aveva definito le strategie per affrontare ed eventualmente evitare tali danni nel «Manuale relativo ai danni da tempesta». Il manuale è stato rielaborato una prima volta dopo la tempesta «Vivian», abbattutasi sulla Svizzera nel 1990, e una seconda volta dopo il passaggio, alla fine del 1999, della tempesta del secolo «Lothar», con l’integrazione dei risultati dei lavori di sgombero e di ripristino. Ora il manuale viene nuovamente rivisto sulla base dell’esperienza acquisita con gli eventi degli ultimi anni e degli effetti combinati diventati ormai evidenti. La pubblicazione è prevista nel 2024.

Per un bosco di protezione (clima) resiliente

Le cifre sono impressionanti: il bosco di protezione rappresenta circa la metà del bosco svizzero. In altre parole, un sesto della superficie totale del Paese. Soprattutto nell’arco alpino svizzero i boschi di protezione sono parte integrante del paesaggio: proteggono le persone, gli insediamenti e le vie di comunicazione da pericoli naturali come valanghe, cadute di massi o frane. Affinché il bosco possa svolgere la sua funzione protettiva a lungo termine, la sua gestione deve essere appropriata.

«Le misure di manutenzione dipendono dal pericolo naturale e dal luogo», spiega Kathrin Kühne, responsabile di progetto della sezione Frane, valanghe e bosco di protezione dell’UFAM. In linea di principio, il bosco deve essere strutturato in modo da poter svolgere al meglio la sua funzione protettiva nel lungo periodo. Ciò significa una combinazione ottimale di specie arboree nonché di classi di età e classi diametriche.

Il cambiamento climatico va considerato anche nella manutenzione dei boschi di protezione: «Per effetto delle condizioni più calde e aride, in futuro certe specie arboree non cresceranno bene in alcune zone», spiega Kühne. L’abete rosso ad es. avrà problemi alle quote più basse, mentre altre specie arboree adatte al clima, come l’abete bianco, il faggio e l’acero di monte acquisiranno importanza. Queste specie, se piantate e promosse, sostituiranno gli abeti rossi e rileveranno la loro funzione protettiva.

Sebbene il bosco di protezione sia sotto pressione a causa del cambiamento climatico, continuerà a svolgere la sua funzione anche in futuro, afferma Kühne. Ci potranno essere delle lacune a livello di protezione, ad es. dopo una tempesta, le quali «andranno temporaneamente colmate, con reti di protezione o opere di protezione in legno». Non si tratta però di soluzioni a lungo termine, anche perché sarebbe troppo oneroso installarle su superfici estese.

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Ultima modifica 29.11.2023

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