Come cambia la percezione?: «La specificità di un paesaggio è la sua carta d’identità»

La Convenzione sul paesaggio del Consiglio d’Europa definisce il paesaggio come «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalla popolazione». Le attività umane sono anch’esse incluse nell’osservazione del paesaggio come l’influenza della natura. La visione del paesaggio è andata trasformandosi nel tempo e «l’ambiente» ne ha discusso insieme a Renate Amstutz, direttrice dell’Unione delle città svizzere (UCS), e Raimund Rodewald, direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (FP).

Discussione: Lucienne Rey

Raimund Rodewald Portrait
Raimund Rodewald ha conseguito il dottorato in biologia vegetale all’Università di Zurigo. Nel 1990 è diventato collaboratore scientifico presso la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (FP) a Berna e dal 1992 ne ha assunto la direzione. Dal 2015 è docente ospite all’Università di Berna (pianificazione del territorio) e dal 2017 al Politecnico federale di Zurigo (Landscape aesthetics). Nel novembre 2008 gli è stato conferito dalla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Basilea il dottorato ad honorem. Il suo ultimo libro: «Die schönsten Landschaften der Schweiz», editore: Werd Verlag, Thun (2019).
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Il Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa 2018-2019 è stato assegnato alla rivitalizzazione del piccolo fiume «Aire» nei pressi di Ginevra. Che cosa ha spinto la giuria ad assegnare il premio a questo progetto?

Raimund Rodewald: Questo progetto di rivitalizzazione, frutto di un’insolita collaborazione tra biologia, protezione della natura, architettura e pianificazione del territorio, è un grande risultato ai fini dell’osservazione del paesaggio. Settori che generalmente operano indipendentemente l’uno dall’altro, per questo progetto hanno riunito le loro competenze in una collaborazione multidisciplinare. Inoltre, gli elementi del passato non sono stati semplicemente cancellati, ma inseriti in un nuovo contesto. Nella nuova organizzazione del paesaggio, il canale dove prima scorreva l’Aire è ora utilizzato come passeggiata. La trasformazione paesaggistica trasmette così ottimismo.

Renate Amstutz: In effetti il progetto mira a un’evoluzione del paesaggio in armonia con la natura, a differenza del passato, quando si cercava di domare i corsi d’acqua incanalandoli in stretti alvei. È inoltre significativa la considerazione che viene data alle esigenze più disparate, come alla varietà degli habitat, alla protezione contro le piene e alle attività di svago per la popolazione. Anche la collaborazione transfrontaliera è una strategia proiettata al futuro.

Conosciamo molte parole positive per descrivere i paesaggi, ad esempio «incantevole», «mozzafiato», «magico» o «bello». Sono invece poche le espressioni che utilizziamo per descrivere gli aspetti negativi di un paesaggio; per lo più ricorriamo ad aggettivi come «deturpato», «disordinato» o «edificato». Come mai, nonostante oggi il paesaggio sia soggetto a grandi trasformazioni, prevalgono le espressioni positive?

Amstutz: Spesso la definizione di «paesaggio» non è intesa nella sua accezione più ampia, ma viene piuttosto riferita a una parte di territorio che non ha subito modifiche. I termini abitualmente utilizzati esprimono un senso di nostalgia e sono riferiti agli aspetti da proteggere. C’è poi anche da dire, che in genere si preferisce descrivere ciò che è bello!Amstutz: Spesso la definizione di «paesaggio» non è intesa nella sua accezione più ampia, ma viene piuttosto riferita a una parte di territorio che non ha subito modifiche. I termini abitualmente utilizzati esprimono un senso di nostalgia e sono riferiti agli aspetti da proteggere. C’è poi anche da dire, che in genere si preferisce descrivere ciò che è bello!

Rodewald: Con i sondaggi tra la popolazione condotti utilizzando immagini di paesaggi, è stato sempre riscontrato un ampio consenso sui paesaggi considerati esteticamente piacevoli. Se i paesaggi mostrati sono invece «brutti», non si hanno risposte. Il problema di questo collegamento tra «bello» e «paesaggio» è che ovunque l’uomo abbia cambiato in modo funzionale il suo mondo tendiamo a guardare altrove, ignorando proprio quegli spazi che avrebbero più bisogno di essere valorizzati con qualità estetiche. L’osservazione globale adottata dalla Convenzione europea del paesaggio può essere in questo senso considerata veramente innovatrice.

Amstutz: Al momento sono comunque in atto grossi cambiamenti, che si riflettono anche nell’accettazione dell’iniziativa sulle abitazioni secondarie e nella legge sulla pianificazione del territorio. Un’altra dimostrazione della maggiore attenzione rivolta al nostro spazio vitale sono gli sforzi per promuovere una densificazione centripeta e delimitare nettamente i terreni edificabili da quelli non edificabili. Anche l’interesse per il paesaggio già trasformato sta crescendo e la percezione idealizzata del paesaggio sta lasciando il posto a una nuova consapevolezza, che include il paesaggio urbano.

Renate Amstutz Portrait
Renate Amstutz economista, dal 2008 è direttrice dell’Unione delle città svizzere (UCS). Dopo la laurea ha lavorato nel settore privato e ha svolto varie funzioni presso le Ferrovie Federali Svizzere (FFS) prima di assumere la carica di segretaria generale della Direzione delle costruzioni, dei trasporti e dell’energia del Cantone di Berna.
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Ma le città con i loro grattacieli e il loro cemento, soprattutto nei film, ci vengono presentate come opprimenti e fanno da sfondo a desolanti scenari futuri. Come si spiega?

Amstutz: La rappresentazione distopica della società richiede uno scenario creato dall’uomo; difficilmente una natura incontaminata si presta ad essere utilizzata a tale scopo. La realtà delle megalopoli si è andata intanto affermando sempre più. In passato, sono stati inoltre commessi gravi errori nella pianificazione urbana che hanno portato alla creazione di quartieri tutti uguali, senz’anima e alla cui progettazione la popolazione residente non ha preso parte. In questo tipo di insediamenti i problemi sociali sono diventati troppo spesso un denominatore comune. Ma se guardiamo la Svizzera, il quadro che emerge è molto diverso: nessuna megalopoli, ma una rete ben sviluppata di città e centri regionali di tutte le dimensioni e con peculiarità proprie. Le nostre città si stanno anche trasformando attraverso un’architettura sempre più curata, la creazione di spazi intermedi ed esterni, parchi, superfici d’acqua o facciate inverdite. L’accostamento del vecchio e del nuovo conferisce al luogo un carattere distintivo, ne racconta la storia e lo rende più comprensibile e tangibile. Negli ultimi 20 anni la gente è ritornata nelle città.

Rodewald: La qualità delle città locali è cresciuta enormemente e le persone lo notano, ma il tipo di percezione generalmente diffuso è arretrato di circa di 50 anni. Questo si manifesta anche nell’idealizzazione del paesaggio rurale, di cui si tende a non vedere i tratti industriali.

Mentre la buona reputazione delle città cresce, lo stesso non può dirsi dei suoi margini, l’agglomerato. Perché qui, nella migliore delle ipotesi, prevale un giudizio ambivalente? 

Amstutz: In base ai nostri risultati, gli agglomerati sono percepiti in modo meno negativo di quanto spesso si ritiene. Tuttavia, è anche vero che le sfide che devono risolvere sono numerose, considerata anche la loro forte crescita e il fatto che pianificare un insediamento di elevata qualità, con una propria identità richiede molto impegno. La consapevolezza di quanto questo sia importante si sta sviluppando in modo enorme.

Rodewald: Guardando i siti web dei Comuni colpisce il fatto che tutti si presentano elencando caratteristiche simili, come la vicinanza al centro, le buone vie di collegamento che consentono di lasciare il posto senza problemi. Al contrario, non viene quasi fatto riferimento alle qualità che farebbero apprezzare il soggiorno nel Comune e che incentiverebbero a rimanervi. Molti Comuni risentono della mancanza di una propria identità e di un centro. Data la rapida crescita dei Comuni di agglomerazione, la gestione degli spazi verdi viene trascurata come pure la pianificazione coordinata di tali spazi, di quelli aperti ed edificabili.

Amstutz: La situazione sta però cambiando! I programmi d’agglomerato sostenuti dalla Confederazione per essere approvati devono infatti avere un carattere globale. Anche nell’ambito delle procedure partecipative viene dato sempre più peso ai processi globali e perfino al tema della convivenza. Rodewald: Rispetto agli agglomerati, le città sono qui avvantaggiate, in quanto possono contare sulle associazioni di quartiere che favoriscono la partecipazione e in cui si è consolidata una certa cultura del dibattito. Nell’agglomerato, dove i Comuni confluiscono l’uno nell’altro, è più difficile organizzarsi in questo senso. Infine, sono proprio le situazioni di conflitto che offrono spunto alla creazione di gruppi e al necessario scambio tra le autorità e la popolazione.

A suo avviso, la percezione del paesaggio sta cambiando anche presso le autorità?Amstutz: Se oggi guardiamo i film degli anni Sessanta, ci risulta quasi incomprensibile il grande pathos con cui venivano celebrate le nuove autostrade. La visione del paesaggio e i requisiti della pianificazione sono diventati più globali e le prescrizioni molto più rigide. Tali cambiamenti riflettono il cambiamento di percezione nella società.

Rodewald: Tuttavia, sarà necessaria ancora tanta attività di consulenza per pianificare lo sviluppo degli insediamenti tenendo conto del paesaggio. La Concezione «Paesaggio svizzero» del Consiglio federale fa molto affidamento sulla consulenza per sfruttare le potenzialità e le particolarità proprie di una zona. La specificità di un paesaggio deve in pratica fungere da carta d’identità. A queste condizioni diventa anche possibile trasformare un territorio creando nuove qualità.

Amstutz: Sì, si tratta di vedere lo spazio in un’ampia prospettiva, ma allo stesso tempo di preservarne le peculiarità su piccola scala. L’obiettivo è di far sì che le persone, sentendosi a casa, smettano di voler andare subito via dal proprio quartiere. È proprio la globalizzazione ad aver fatto crescere il desiderio di radici e cercare di soddisfarlo è importante, perché così il paesaggio sarà gestito con maggiore cura.

Gli influencer amano pubblicare sui social media foto che li ritraggono davanti a scenari spettacolari. Crede che questo possa portare ad apprezzare maggiormente il paesaggio?

Amstutz: Temo che in questo caso la bellezza di un ambiente sia soprattutto utilizzata come un elemento decorativo della propria persona. Difficilmente vi è una vera interazione o incontro con il paesaggio, come dimostrano gli incidenti che si verificano con questo tipo di selfie.

Rodewald: Anch’io penso che ci sia più da preoccuparsi che altro. A difesa dei social media ci sono però i movimenti di base (grassroots): in alcune città che non potevano più permettersi degli spazi verdi, i residenti si sono attivati e hanno cercato di trovare insieme una soluzione attraverso i social media. Proteggere ogni metro quadrato di paesaggio e interagire con esso è fondamentale. Soltanto se sono parte di qualcosa, me ne sento anche responsabile.

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Ultima modifica 02.09.2020

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