L’Accordo di Parigi

Nel 2015, alla Conferenza di Parigi sul clima, è stato adottato un nuovo accordo sul clima per il periodo successivo al 2020 che, per la prima volta, vincola tutti i Paesi a ridurre le proprie emissioni di gas serra. In tal modo, la distinzione fatta fino ad allora tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo è stata in gran parte abolita.

L’Accordo di Parigi è uno strumento giuridicamente vincolante nel quadro della Convenzione sul clima. È entrato in vigore il 5 ottobre 2016 dopo aver raggiunto il quorum di 55 Paesi, che generano il 55 per cento delle emissioni globali.

La Svizzera ha ratificato l’Accordo di Parigi il 6 ottobre 2017. Si è così impegnata a raggiungere entro il 2030 un obiettivo di riduzione dei gas serra del 50 per cento rispetto al 1990, utilizzando in parte anche certificati di riduzione delle emissioni esteri. Inoltre, la Svizzera ha annunciato di voler raggiungere entro il 2050 un saldo netto delle emissioni di gas serra pari a zero. Attuerà gli impegni internazionali in primo luogo nella legge sul CO2.

L’Accordo di Parigi contiene elementi per una riduzione graduale delle emissioni globali di gas serra e fissa per la prima volta principi comuni per tutti i Paesi.

Gli obiettivi dell’Accordo di Parigi

L’Accordo di Parigi persegue l’obiettivo di limitare ben al di sotto di 2 gradi Celsius il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo pari a 1,5 gradi. Inoltre mira a orientare i flussi finanziari verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.

Principi comuni dell’Accordo di Parigi

  • Ogni cinque anni, tutti i Paesi devono inoltrare e illustrare un obiettivo di riduzione fissato a livello
    nazionale (Nationally Determined Contribution, NDC). Il raggiungimento degli obiettivi è vincolante solo dal punto di vista politico. Per contro, l’attuazione delle misure nazionali, la rendicontazione sugli obiettivi e la relativa verifica internazionale sono vincolanti.
  • Gli obiettivi di riduzione di tutti i Paesi devono essere chiari, comprensibili e quantificabili. L’obiettivo di riduzione successivo deve dipendere da quello precedente ed essere il più ambizioso possibile.
  • Per il raggiungimento degli obiettivi ai sensi dell’Accordo, le emissioni conseguite all’estero sono ammesse purché siano rispettose dell’ambiente, contribuiscano allo sviluppo sostenibile e non causino doppi conteggi. L’articolo 6 dell’Accordo di Parigi ammette due tipi di riduzioni delle emissioni conseguite all’estero (Internationally transferred mitigation outcomes, ITMOS): quelle che risultano da un meccanismo regolato dall’Accordo di Parigi (art. 6.4) e quelle che risultano da accordi bilaterali e multilaterali (art. 6.2).
  • L’Accordo pone in gran parte fine alla distinzione in senso stretto fra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Ai Paesi più poveri viene concesso un certo margine di discrezionalità nell'attuazione. I Paesi industrializzati sono esortati a
    mantenere un ruolo guida, fissando obiettivi di riduzione assoluti sull’insieme dell’economia. In cambio, i Paesi in via di sviluppo sono esortati a fissare progressivamente obiettivi sull’insieme dell’economia. La distinzione fra i Paesi è dinamica, poiché gli obiettivi di riduzione sono fissati a livello nazionale e devono rappresentare la maggiore ambizione possibile di un Paese. L'obiettivo di riduzione di ogni Paese è quindi misurato in base alla propria responsabilità in ambito climatico e alla sua capacità.
  • Per quanto concerne l’adattamento ai cambiamenti climatici, tutti i Paesi devono elaborare, presentare e aggiornare a scadenze regolari strategie e misure di adattamento. Ogni Paese può definire autonomamente il momento e la forma della presentazione a livello internazionale. I Paesi sono inoltre tenuti a stilare un rapporto periodico sulle misure di adattamento. L’accordo rafforza i meccanismi esistenti di prevenzione e riduzione delle perdite e dei danni (Loss and Damage), escludendo esplicitamente la responsabilità e la compensazione.
  • L’Accordo di Parigi non stabilisce nuovi obblighi per il finanziamento climatico. I Paesi industrializzati sono tenuti, come finora, a sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’adozione delle loro misure di riduzione delle emissioni e di adattamento ai cambiamenti
    climatici. Per la prima volta sono stati invitati anche i Paesi non industrializzati. La mobilizzazione di fondi pubblici e privati è ora compito di tutti. I Paesi industrializzati devono tuttavia continuare a svolgere un ruolo di pioniere. L’obiettivo comune dei Paesi industrializzati di mobilizzare ogni anno, a partire dal 2020, 100 miliardi di dollari di fondi privati e pubblici è stato confermato fino al 2025, mentre per il periodo successivo è stato delineato un nuovo obiettivo analogo. I Paesi industrializzati sono quindi ancora tenuti a presentare ogni due anni un rapporto relativo ai fondi mobilizzati e, nella misura del possibile, a fornire indicazioni sulla qualità e la quantità di fondi previsti per gli anni successivi. Le regole per tale rendicontazione saranno ulteriormente approfondite. Analogamente, i Paesi in via di sviluppo sono tenuti a presentare ogni due anni un rapporto sui fondi
    necessari e quelli ricevuti come pure sugli investimenti rispettosi del clima da loro mobilizzati e sul finanziamento climatico internazionale.

La Svizzera è sulla buona strada verso l’attuazione dell’Accordo di Parigi.

Gli impegni di riduzione assunti conformemente all’Accordo di Parigi sono attuati nella legislazione nazionale in materia di clima. La Svizzera si è fissata degli obiettivi di riduzione delle emissioni conformi a quelli dell’Accordo di Parigi e alle raccomandazioni del mondo scientifico. Nel 2017 la Svizzera ha comunicato il suo contributo volontario determinato a livello nazionale. L’obiettivo è stato in seguito rafforzato.

Gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni della Svizzera

La Svizzera ha comunicato a livello internazionale i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni. Il contributo volontario determinato a livello nazionale è disponibile sul registro del Segretariato UNFCCC:

In merito all’adattamento ai cambiamenti climatici, in virtù della vigente legislazione sul CO2 il Consiglio federale ha adottato una strategia di adattamento a due fasi per la Svizzera. Conformemente all’Accordo di Parigi, nel 2020 la Svizzera ha trasmesso la sua comunicazione sull’adattamento.

La Svizzera fornisce un contributo adeguato ai 100 miliardi di dollari all’anno previsti a partire dal 2020. I fondi pubblici sono stanziati principalmente nell’ambito del credito quadro per la cooperazione internazionale 2017-2020 e, in misura minore, dal credito quadro per l’ambiente globale 2018-2022. La Svizzera sta attualmente elaborando una strategia volta a rafforzare la mobilizzazione mirata di fondi privati per attività finalizzate alla protezione dell’ambiente nei Paesi in via di sviluppo.

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Ultima modifica 23.06.2023

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